Tommy the Duke
Tomas David Morrison – detto Tommy – (Gravette, 2 gennaio 1969 – Omaha, 1º settembre 2013) è stato un pugile e attore statunitense.Considerato uno dei pugili americani più forti degli anni novanta, nel 1993 diventò campione dei pesi massimi WBO, battendo ai punti il 44enne George Foreman. Durante la sua carriera venne spesso indicato dalla stampa come “La Speranza Bianca”, essendo l’unico pugile bianco riuscito, negli anni novanta, ad affermarsi in uno sport dominato da atleti di colore. Il soprannome “The Duke”, invece, gli venne affibbiato perché Morrison era pronipote del grande attore cinematografico John Wayne (soprannominato a sua volta “The Duke”). Recitò anche nel film Rocky V a fianco di Sylvester Stallone nel 1990. Dotato di un fisico imponente, di grande potenza e di una non comune velocità di tronco e braccia, Morrison aveva nel gancio sinistro un colpo notevolissimo. Oltre ad essere stato abile dalla corta, da cui sferrava potenti montanti e rapide combinazioni, era anche notevole power-puncher. Tomas David Morrison nacque a Gravette, in Arkansas, nel 1969. La sua infanzia fu molto difficile, a causa dei problemi che gravavano sulla sua famiglia: sua madre, Diana, fu accusata di omicidio, suo padre univa il vizio per la bottiglia con quello delle percosse per i familiari, mentre suo fratello fu condannato a quindici anni di carcere per stupro. Cominciò a boxare in giovanissima età, a tredici anni, falsificando i documenti per poter combattere “regolarmente” in competizioni locali, per i quali l’età minima era di ventuno. Dopo il divorzio dei genitori iniziò a dedicarsi a tempo pieno al pugilato, vincendo ben 315 incontri KO (su un totale di 343 vittorie, a fronte di 24 sconfitte e 1 no contest). Vinse anche una gara di Golden Gloves, e si qualificò alle Olimpiadi di Seul, venendo però sconfitto al primo turno da Ray Mercer, che in Asia avrebbe poi vinto la medaglia d’oro. La sua avvenenza e il suo stile attirarono le attenzioni di Sylvester Stallone, che, nel 1989, lo mise sotto contratto per Rocky V e costruì sul suo fisico e i suoi modi il personaggio di Tommy “The Machine” Gunn. Il 1989 fu l’anno del debutto professionistico. Fino al 1991, Morrison riportò 28 vittorie consecutive, di cui ben 23 per KO. La WBO gli consentì dunque di competere per il titolo mondiale, affrontando Ray Mercer ad Atlantic City il 18 ottobre. Morrison partì benissimo, e colpì il rivale con combinazioni veloci e potenti. Mercer incassò di tutto e, non appena Morrison mostrò segni di stanchezza, lo punì, alla quinta ripresa, con uno dei KO più cruenti della storia della boxe. Pochi mesi dopo, Morrison tornò sul ring, collezionando nuove vittorie. Nel 1993 affrontò il 44enne George Foreman per il vacante titolo WBO dei massimi. L’incontro si svolse il 7 giugno, a Las Vegas, e Morrison, contro ogni pronostico, abbandonò il suo solito stile aggressivo a favore di un combattimento a breve distanza. La sua tattica si rivelò vincente: Morrison si aggiudicò l’incontro ai punti, diventando il nuovo campione del mondo. Morrison non conservò a lungo il titolo: dopo una facile difesa contro Tim Tomashek, il pugile di Gravette incappò nei micidiali colpi di Michael Bentt, perdendo il titolo alla prima ripresa, a quasi quattro mesi dalla vittoria su Foreman. Nello stesso periodo, inoltre, prese a pugni uno studente dell’università dello Iowa, perché a suo dire lo stava fissando in modo strano. Morrison si dichiarò colpevole e pagò una multa di $310, ma disse poi che era innocente. Nei due anni successivi continuò a collezionare vittorie e, il 10 giugno 1995, si aggiudicò il titolo pesi massimi International Boxing Council, battendo Donovan Ruddock per knock-out tecnico al sesto round. Anche questa volta, però, non riuscì a conservare il titolo a lungo, perdendolo pochi mesi dopo contro Lennox Lewis, con un KO alla sesta ripresa. Nonostante questa sconfitta, Morrison venne contattato da Don King, che lo convinse a rilanciarsi. Il pugile firmò un contratto di dieci milioni di dollari per tre incontri, il primo dei quali nel 1996 contro Arthur Weathers in Nevada. Ma a poche ore dall’incontro, Morrison venne trovato positivo a un test per l’HIV e, di conseguenza, fu sospeso dalla Commissione Atletica del Nevada. Il pugile, che aveva inutilmente cercato di sottrarsi al controllo (obbligatorio in Nevada per gli incontri di pugilato), non ebbe altra scelta che ammettere pubblicamente la sua malattia e, contestualmente, annunciò il ritiro dal pugilato. La notizia sconvolse l’intero ambiente pugilistico americano, mettendo in allarme gli avversari del pugile, vecchi e nuovi: la sospensione della Commissione arrivò soltanto sette ore prima del combattimento, che per Morrison doveva essere una sorta di trampolino di lancio verso un possibile match con Mike Tyson. Nel 2007 dichiarò che il test del 1996 era stato falsificato, e che non aveva mai contratto l’HIV. Di conseguenza smise di considerarsi malato, interruppe qualsiasi terapia antiretrovirale e decise di ricominciare la sua carriera agonistica, ottenendo la licenza dallo stato del West Virginia. Sulla soglia dei 40 anni, Morrison tornò due volte sul ring, battendo John Castle per KO alla seconda ripresa e poi stendendo Matt Weishaar alla terza. Chiuse così la sua carriera agonistica con un record di 48 vittorie (con 42 KO), tre sconfitte e un pareggio. Morrison morì il 1º settembre 2013 in un ospedale di Omaha, Nebraska, all’età di 44 anni. Secondo la moglie Trisha, morì a causa della Sindrome di Guillain-Barré. Invece, la madre Diana Morrison, poco prima del decesso del figlio, ammise che era in fin di vita devastato dall’AIDS. Sempre nella stessa occasione raccontò che Morrison era infermo immobilizzato a letto da un anno. Il certificato di morte di Morrison riporta come immediate cause del decesso setticemia da Pseudomonas aeruginosa, sindrome da disfunzione multiorgano, arresto cardiaco. Si noti per inciso che normalmente il pseudomonas aeruginosa, pur molto virulento ed ubiquitario, è incapace di sostenere seri quadri patologici in soggetti immunocompetenti.