“Ci sono pugili molto tecnici, che a vederli muoversi a vuoto, ovvero facendo tecniche libere allo specchio, senza altri avversari che se’ stessi, sono qualcosa di molto simile all’idea di perfezione.
Ma in quel molto simile si nasconde una falla, dietro quella perfezione tecnica, dietro a quella pulizia , dietro a quel mestiere, si cela una paura e precisamente e’ la paura di non scoprirsi troppo, di non farsi mai cogliere impreparati, di non accettare il rischio di perdersi – che per un pugile equivale al rischio di scoprirsi , di offrire una possibilita’ di conoscenza di sè stessi all’avversario, di mostrare i propri punti deboli ed a pensarci non ci sarebbe proprio nulla di male nel non volersi far colpire.
Eppure…Eppure è scoprendosi, e accettando di essere colpiti, che la realtà ti porta dentro al suo mistero; non c’e’ realtà che possa essere percepita, sentita, vissuta senza una forma di dolore e umiliazione.
E non c’è tecnica o mestiere che siano capaci di esprimerla , la realtà della vita, senza mostrare di sè una paura di vivere.
(In foto il leggendario incontro tra Jack La Motta e Tiberio Mitri per il titolo mondiale nel 1950)
(dal web)