Il meno applaudito
«Tutta la sua carriera è stata caratterizzata da una suggestiva, ma spesso fraintesa ricerca della coerenza: da uno struggente bisogno di semplicità, di cose umili, vere. Ecco come e perché il più grande dei nostri pugili [ … ] è risultato il meno applaudito.»Bruno Arcari (Villa Latina, 1º gennaio 1942) è un ex pugile italiano. È considerato da vari autori specializzati il più forte pugile d’Italia di ogni tempo. Schivo e dedito a una boxe fatta solo di concretezza, che poco concedeva allo spettacolo, era un antidivo per eccellenza. Anche da campione del mondo sfuggì ai giornalisti e alla pubblicità e, di conseguenza, alla popolarità che, in considerazione dei suoi successi, avrebbe potuto facilmente raccogliere. Gli inizi Trasferitosi in tenera età a Genova, dove iniziò a frequentare una palestra locale, la Mameli Pejo, fu un ottimo pugile dilettante. Campione italiano, era il grande favorito come prossimo vincitore alle Olimpiadi di Tokyo del 1964; perse la golden medal a causa di una ferita subìta nel primo incontro contro il keniano Oundo, un match che il pugile genovese stava letteralmente dominando. Già tra i pugili in maglietta, gli avversari più smaliziati sapevano che l’unico modo per batterlo era quello di causare l’interruzione dell’incontro rompendogli le sopracciglia a testate. Esordì come professionista l’11 dicembre 1964 con una sconfitta. Di nuovo l’avversario di turno, Franco Colella, in seria difficoltà, lo colpì con una testata, procurandogli una ferita. L’arbitro, invece di squalificarlo, interruppe l’incontro al 5º round. Arcari, benché inequivocabilmente in vantaggio ai punti, fu battuto in un match che altrimenti non avrebbe avuto storia. Dopo 10 vittorie consecutive, il fatto si ripeté il 10 agosto 1966 contro Massimo Consolati, con il titolo italiano dei welter junior in palio: l’arbitro interruppe l’incontro per ferita al 10º round, benché Arcari, sanguinante da un sopracciglio, fosse in evidente vantaggio. Quattro mesi dopo la seconda e ultima sconfitta da professionista, subita in modo verosimilmente sleale, Arcari incontrò nuovamente Consolati che, per evitare il peggio, al 7º round si fece squalificare per i soliti tentativi di testate. Arcari divenne così campione italiano dei welter junior. Da lì in poi, Arcari imparò a gestire le scorrettezze degli avversari e non perse più un incontro degli altri 61 disputati: ne vinse 57 consecutivi, pareggiando solo nel quartultimo contro Rocky Mattioli, un giudice a suo favore e due per il pari, che di lì a un anno sarebbe diventato campione del mondo dei superwelter, vincendo anche gli ultimi 3. Campione d’Europa Il 7 maggio 1968, dopo varie difese del titolo italiano senza storia, Arcari incontrò a Vienna l’idolo locale, il campione europeo, nonché miglior talento mai sfornato dalla boxe austriaca, Johann Orsolics. Considerato sfavorito, Arcari costrinse l’arbitro a fermare l’incontro al 12º round per KOT, prima che Orsolics finisse al tappeto. Anche le successive 4 difese del titolo europeo furono a senso unico: Arcari le concluse con altrettanti KO. Campione del mondo Bruno Arcari difende vittoriosamente il titolo mondiale contro Everaldo Costa Azevedo (Torino, 1972). Il 31 gennaio 1970, finalmente, non avendo più avversari in Europa, gli fu data la possibilità che non gli si poteva più negare, quella di combattere per il titolo mondiale. Il campione in carica era il filippino Pedro Adigue. L’inizio difficile sembrò confermare i pronostici: come al solito erano in pochi a credere nelle possibilità di un pugile fatto solo di sostanza e volontariamente sprovvisto, perché evitava ostinatamente di adottarla, di presenza scenica. Arcari ebbe un’insolita crisi iniziale, incassò un colpo, dopodiché si avviò in completa sicurezza, alla vittoria. Adigue fu sconfitto ai punti in 15 round con verdetto unanime. Arcari mantenne il titolo fino al 16 febbraio 1974 quando, imbattuto, lo lasciò vacante per passare alla più pesante categoria dei welter. In quattro anni, dopo aver conquistato il titolo, lo aveva difeso per 9 volte, dimostrandosi assolutamente superiore a qualsiasi avversario al mondo. Vita dopo la boxe Al termine della carriera, Arcari si ritirò con la discrezione che gli era caratteristica, proseguendo a vivere in Liguria con la propria famiglia, nella Riviera di Levante. È rimasto comunque legato al mondo della boxe, essendo oggi il presidente onorario della Pugilistica Spezzina. «Non avendolo molto amato, la gente lo ha subito dimenticato; avendolo dovuto sopportare, molti critici non lo hanno più cercato. Bruno Arcari è rimasto nei suoi silenzi e nelle sue abitudini, ma è stato, nella storia moderna del nostro pugilato, l’unico imbattibile.» (Franco Dominici) Riconoscimenti Medaglia d’oro al valore atletico – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d’oro al valore atletico «Campionato del mondo di pugilato professionisti» — Roma, 1970 1969-70-71-72-73 Oscar del pugilato 1988 Il premio nazionale “L’Atleta nella storia” 1993 WBC Century’s Champion (all’epoca del prestigiosissimo riconoscimento, solo quattro pugili nell’intera storia del pugilato avevano ottenuto il medesimo riconoscimento: Napoles, Monzón, Alì… e Arcari). 2002 Premio della “Casa dei Bambini di New York” 2004 Riconoscimento quale “Rappresentante del miglior Novecento italiano” con la seguente motivazione: “Una personalità ed una virtù trasmessi nel tempo che hanno costituito una componente importante del patrimonio non materiale della popolazione italiana”. 2006 “Champ’s choise in Top 10” – WBC-Federal Boxing Alliance, Miglior welter jr., il numero uno tra i migliori dieci welter jr. di tutti i tempi. Nel maggio 2015, una targa a lui dedicata fu inserita nella Walk of Fame dello sport italiano a Roma, riservata agli ex-atleti italiani che si sono distinti in campo internazionale.